martedì 2 settembre 2008

Dal Corriere della sera del 2 settembre





La penso esattamente come l'autore di questo articolo di fondo apparso sul Corriere della sera di oggi.


Se quel treno non fosse mai arrivato a Roma e fosse stato fermato in campagna, circondato da un battaglione di soldati in assetto di guerra e i criminali fossero stati catturati e messi in condizione di non nuocere più, oggi saremmo tutti più liberi, ma la libertà non ha prezzo perché è merce rarissima...




DUE PESI E DUE MISURE
L'impunità calcistica
di Claudio Magris
Perché né terroristi né bande di rapinatori né gruppi di vituperati zingari, grazie a Dio, non attaccano apertamente i treni, picchiando selvaggiamente i passeggeri e obbligandoli a scendere, causando gravissimi danni a persone e a cose? Perché i seguaci di nessuna setta religiosa, a differenza dei beoti adoratori di una squadra di calcio, non sfasciano, nell'entusiasmo per il loro dio, bar e negozi, rovinando economicamente i loro proprietari e le loro famiglie? E perché, invece, i cosiddetti tifosi, ultrà o come si vogliono chiamare i violenti che escono da uno stadio lo fanno periodicamente?
La ragione è semplicissima: perché i primi verrebbero immediatamente perseguiti e costretti a pagare le conseguenze dei loro atti, mentre invece i secondi, i criminali travestiti da tifosi, possono farlo, sanno di poterlo fare, sanno che nell' epoca moderna lo stadio ha sostituito la chiesa quale asilo per i delinquenti; sanno di restare impuniti o di pagare pene irrisorie per i loro gravi e imbecilli reati. Se una banda di zingari si impadronisse di un treno o se nostalgici delle Brigate rosse devastassero la stazione di Milano, sarebbero perseguiti con adeguata durezza. Se chi negli anni scorsi, come accaduto, ha causato gravissime lesioni a pacifici cittadini, magari provocandone la morte, fosse ancora in galera, nessuno si abbandonerebbe più a tali atti bestiali. Se chi ha distrutto un esercizio pubblico fosse condannato a pagare i danni fino all'ultimo centesimo, venendo così pesantemente e giustamente penalizzato nella sua esistenza, nessuno si scatenerebbe contro persone e cose. Non capisco proprio perché se aggredissi o danneggiassi qualcuno per conto mio sarei chiamato a pagarne di persona, mentre se lo facessi urlando slogan calcistici godrei di una sostanziale impunità.
È giusto, doveroso punire violenze di rapinatori e terroristi, ma occorre punire ancor più duramente chi delinque in nome di una squadra di calcio, con l'aggravante dei motivi futili e abbietti, perché accoltellare qualcuno in nome della Triestina o della Juventus è ancor più spregevole che farlo in nome di qualsiasi ideologia politica. In Inghilterra i delinquenti dello stadio, individuati con un intelligente lavoro di infiltrati, sono stati pesantemente puniti e il fenomeno criminoso è grandemente diminuito.
Si parla tanto di soldati per reprimere la piccola criminalità; è il caso di impiegarli contro questa media e peggiore criminalità, tenendo presente che, se si fanno intervenire i soldati e non le Orsoline è perché reagiscano alle violenze da soldati e non da Orsoline. Psicologi e letterati si affannano a spiegarci che chi spacca la testa di un altro in nome del calcio lo fa perché ha i suoi problemi psicologici, i suoi disagi interiori. È vero, ma ciò vale per tutti; anche i serial killer, gli stupratori, i rapinatori hanno evidentemente i loro problemi e forse non sono stati amati abbastanza dalla mamma. Non è una buona ragione per lasciarli uccidere o stuprare.
Se le violenze del calcio continueranno — e continueranno — sarà perché e soprattutto perché le autorità preposte a garantire in generale la sicurezza dei cittadini, in questo caso decidono, chissà perché, di lasciar correre, di non tutelare i cittadini, diversamente da quel che accade nei confronti di altri malviventi. Ogni governo, sinora, sotto questo profilo, si è comportato irresponsabilmente; ha lasciato fare e certo lo farà ancora.
02 settembre 2008